A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

sabato 27 febbraio 2016

Prima di ogni Associazione

Se riflettiamo sulla definizione minima di "Associazione" (Aggregazione di più persone per uno scopo comune (Sabatini Coletti); Unione di più persone che si propongono di perseguire uno scopo comune (Treccani); Unione o compagnia di persone, formata con un intento o interesse comune (wikizionario) ecc.) appaiono subito evidenti due elementi: che si tratta di una insieme di "persone" (e i vocabolari usano il termine non in senso filosofico, ma come sostantivo che indica individui umani) e che sono quindi le persone che si danno degli scopi comuni.
Lo scopo dell'associazione è il frutto della messa in comune di scopi individuali simili, all'origine cioè ci deve essere una decisione individuale che fissa un obiettivo per la propria esistenza. Condividerlo in una associazione serve a rendere più facile il perseguimento dello scopo, serve a moltiplicare le energie e le risorse, serve a rendere più efficace l'azione. In questo senso dice benissimo Piero Martinetti: «Per rendere più facile e più sicura la subordinazione della tua vita ai tuoi fini supremi, associa i tuoi sforzi a quelli di coloro che percorrono la stessa via, ma ricordando sempre che l'associazione è mezzo, non fine, e che non deve soffocare ciò che vi è in te di più sacro, la libera volontà della tua personalità morale». Il linguaggio è un po' enfatico ma il senso è molto chiaro. L'associazione è mezzo non fine.
Così dovrebbe essere anche di tutte le associazioni di pratica filosofica del nostro paese (diversa la realtà all'estero), esse dovrebbero essere subordinate allo scopo che si sono date le persone che ne fanno parte, mentre pare spesso che siano interessate solo alla propria mera sopravvivenza, vuoi per motivi di affermazione personale, vuoi per motivi di identità e appartenenza, vuoi per motivi banalmente materiali e cioè economici. E di qui l'accesa conflittualità che caratterizza la vita delle associazioni di pratica filosofica nel nostro paese. E che rappresenta sicuramente uno dei limiti più gravi nell'affermazione della pratica filosofica stessa.
Oggi penso che dovremmo tutti ritornare allo stadio iniziale - con tutta l'esperienza di questi anni, di lavoro e di vita associativa -, ritornare cioè allo stadio nel quale ognuno di noi fissa i propri obiettivi, e quindi stabilire che cosa davvero conti per ognuno di noi. Prima di ogni aggregazione.


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